Benazir Bhutto

una vita per la democrazia e per la pace

E’ difficile per me scrivere un articolo su una persona così distante dal nostro mondo e dalla nostra cultura, una persona di cui si sa poco a parte le notizie di cronaca di questi ultimi mesi, ma il desiderio è forte. Vorrei soprattutto capire perché in certi paesi non è possibile esprimere liberamente il proprio pensiero senza rischiare la vita.

Benazir Bhutto muore all’età di 54 anni il 27 dicembre 2007 da un colpo d’arma da fuoco sparato da un kamikaze mentre salutava la folla alla fine di un comizio elettorale nella città di Rawalpindi vicino alla capitale Islamabad. Subito dopo il kamikaze si fa esplodere provocando una ventina di morti, e decine di feriti. L’attentato provoca una serie di disordini tra i sostenitori del partito popolare pakistano, di cui la Benazir era leader e il regime del presidente Pervez Musharraf  il quale ha condannato con fermezza l’attentato e proclamato 3 giorni di lutto nazionale. Tra i principali sospettati c’è sicuramente Al Qaeda, la stessa Benazir aveva dichiarato che più volte avevano tentato di ucciderla negli anni ’90, ma la posizione strategica del Pakistan non esclude altre ipotesi.

Il Pakistan è un paese povero, confina a nord con l’Afghanistan, a ovest con l’Iran, a est con la Cina e a sud con l’India. Fino alla sua nascita, nel 1947, è stato parte integrante dell’India britannica per divenire con l’indipendenza il secondo Stato islamico del mondo. Da allora Pakistan e India hanno vissuto una continua situazione di conflitti e tensioni diplomatiche per i territori di Kashmir e Bangladesh, mettendo più volte in pericolo l’ordine e la pace internazionale, soprattutto quando i due Stati sono entrati nel ristretto circolo delle potenze nucleari. Inoltre il Pakistan riveste il ruolo di alleato islamico degli U.S.A. nella lotta al terrorismo creando tensioni interne con gli estremisti islamici. In questo contesto è difficile muoversi anche per portare aiuti umanitari, poiché, anche se l’economia risulta in crescita, la povertà è molto diffusa tra la popolazione. 

E’ in questo paese che si inserisce la storia di Benazir che porta avanti le ideologie pacifiste del padre, Zulfiqar Alì Bhutto il quale fondò il partito popolare pakistano nel 1967, diventò presidente del Pakistan nel 1970 e poi primo ministro dal 1973 al 1977 (anno in cui fu rovesciato dal generale Mohammed Zia-ul-Haq). Fu uno dei periodi migliori per il Pakistan che finalmente, dopo 25 anni di conflitti, sancisce la pace con l’India, in uno storico incontro tra Zulfiqar Alì Bhutto e Indira Gandhi in cui è presente anche Benazir allora ventenne.

Nel 1979 il padre di Benazir venne impiccato dal generale Zia-ul-Haq. Nel suo ultimo incontro con il padre Benazir gli promise che come nella dinastia Gandhi in India, lei avrebbe raccolto la fiaccola della sua eredità politica. Benazir studia negli Stati Uniti poi in Inghilterra a Oxford, alla morte del padre diventa presidente del partito popolare, finisce in prigione con l’accusa di corruzione per 5 anni, “Ma queste accuse sono frequenti da noi”, ricordava ridendo “e non fanno paura”. Nel 1987 sposa Asif Alì Zardari in un matrimonio combinato dalla madre dal quale avrà 3 figli e soltanto un anno dopo diventa la prima donna eletta primo ministro in un paese mussulmano. Il suo governo durò solo 20 mesi ma tornò al potere una seconda volta dal 1993 al 1996 affiancata dal marito nel ruolo di ministro. Alla fine di questo governo Zardari fu imprigionato con 18 capi d’accusa, mai provati secondo i fedelissimi, Benazir fece il possibile per liberarlo ma inutilmente, così nel 1999 scelse l’esilio fino al suo ritorno per le elezioni di quest’anno.

Non è difficile intuire come la grande popolarità di questa donna potesse essere scomoda a molti, i suoi ideali di democrazia e di pace ereditati dal padre hanno fatto di lei un mito. Sapeva benissimo cosa rischiava, ma ora la speranza di un futuro migliore, per questo paese, si fa sempre più lontana, e il terrorismo islamico più forte. Ancora una volta i sogni di libertà e giustizia sono stati abbattuti da chi vuole un regime facile da controllare, dove regna povertà e miseria, ha vinto il male sul bene ma resta la testimonianza di una persona che ha dato la vita per i propri ideali, un seme che fiorirà in altre persone pronte a lottare per la democrazia e per la pace.

 

Walter