Natale tra consumismo e prevedibili scoop
Dicembre è il mese della festività più sentita dell’anno: il Natale. Ma oggi non dobbiamo aspettare questo mese per coglierne le avvisaglie. Già a ottobre si incominciano a vedere nei supermercati i prodotti natalizi, soprattutto nel settore alimentare, onde incentivare un consumismo che i commercianti sperano in crescita nonostante la crisi morda duro. A novembre poi (e siamo ancora ad un mese ed oltre dalla data del Natale), spopolano le luminarie multicolori e gli addobbi vari con gli auguri di Buone Feste per anticipare sempre di più l’atmosfera magica del Natale. Chissà, procedendo di questo passo ce li ritroveremo, tra alcuni anni, ad agosto.
Inutile dire che in tutto questo luccicare che coinvolge città e paesi, del senso vero, che è quello cristiano, del Natale, non c’è nulla, meno che mai la consapevolezza del Fatto per eccellenza, ossia del Verbo che si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi, dell’Eterno che, attraverso l’incarnazione, tocca il tempo. Anzi, questi aspetti del Natale tendono ad essere rimossi per un malinteso rispetto di chi credente non è o di chi professa altro credo religioso. In realtà noi cristiani stiamo assistendo ad un vero e proprio scippo che il nostro Occidente, laico e tollerante (così come ama definirsi), fa di questa ricorrenza per trasformarla in una festa pagana né più né meno di ciò che erano i Saturnali dell’antica Roma, le feste invernali che coincidevano all’incirca con l’attuale periodo natalizio. Anche allora era uso fare gli auguri, i regali e quant’altro, come ci testimonia un acuto e divertito osservatore di quei tempi, il poeta Marziale, ma senza alcuna prospettiva di un riscatto dell’uomo dai mali che sempre lo affliggono per la sua condizione di creatura imperfetta a causa della caduta del peccato originale. Crediamo, noi che viviamo i un Occidente sazio ma privo di speranza, di esserci liberati dai retaggi superstiziosi di un passato da relegare nelle tenebre della barbarie, ma non ci accorgiamo che in questo come in tanti altri aspetti del nostro vivere (si pensi al culto per la Natura o per l’Ambiente o per gli Animali elevati a vere e proprie divinità) stiamo ritornando indietro, a quel mondo antico che la civiltà cristiana si era lasciata alle spalle.
Il neopaganesimo che si sta insinuando nel nostro Occidente a poco a poco pretende di cancellare fin nel linguaggio ciò che rimanda a quel Fatto sul quale si basa la fede cristiana. Ecco allora che si propone di sostituire le Feste Natalizie con Festività Invernali e magari al posto di Buon Natale diremo Buona Festa d’Inverno o chissà quale altra stramberia inventata dal pensiero unico dominante. E non si venga a dire, con l’aria di chi la sa lunga, che si tratta solo di parole. Nossignori! E’ attraverso le parole che passa il pensiero e si plasma la mentalità.
Un altro fenomeno, a cui assistiamo con una certa ricorrenza in concomitanza del Natale, è l’uscita, nei maggiori quotidiani nazionali, dello scoop dello studioso laico tal dei tali che ci viene a dire l’ultima verità sull’inattendibilità storica della nascita del Redentore secondo la versione finora dataci dai vangeli canonici. Lui naturalmente non la beve mica la storia propinataci da Chiesa e preti! E che fa allora? Ti va a tirar fuori i vangeli apocrifi o quelli della tradizione gnostica, di qualche secolo posteriori ai vangeli canonici, e ti viene a spiegare che quanto i cristiani da due millenni abbondanti credono è un mito. Inutile ribattere che si tratta di un armamentario di patacche che, non solo la ricerca storiografica, ma anche le scienze ausiliarie della storia, prime tra tutte l’archeologia, si sono incaricate già da tempo di demolire.
Ma al nostro studioso non interessa il rigore dei dati, interessa invece mettere in dubbio quel Fatto di cui si parlava sopra, perché esso ci riporta alla Verità che non è solo parola, ma è parola che si fa carne nella persona di Gesù Cristo. Se le cose stanno in questi termini, quel Fatto diviene troppo ingombrante per una mentalità che pretende di ridurre tutto alla dimensione terrena.
Ne deriva che il Natale cristiano dà sempre più fastidio nel nostro Occidente secolarizzato e per questo si cerca di anestetizzarlo, a cominciare dai simboli che lo rappresentano. C’è da scommettere che anche quest’anno assisteremo alle immancabili polemiche sui presepi e sui canti natalizi nelle scuole o nei luoghi pubblici e vedremo solerti dirigenti scolastici o funzionari pubblici richiamare i responsabili al (falso) rispetto per chi non crede o crede in qualcos’altro, dato che – così si sostiene - viviamo in una società multiculturale. E’ una giustificazione che sa tanto di ipocrisia, ma è altrettanto politicamente corretta. E scusate se è poco!
Pietro